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FLC CGIL – Il 27 Gennaio e il corto circuito

Il corto circuito di memoria pubblica

Sono passati quattro mesi dall’atto di squadrismo fascista che si è riversato contro la sede della CGIL Nazionale a Roma. Erano i primi di ottobre. La giornata della memoria che ricorre ogni 27gennaio, dalla sua istituzione, più di 20 anni fa, dà l’occasione per riflettere su tutto questo. Sulla memoria che, a quanto pare, sembra vacillare sempre di più.

La Giornata della Memoria si celebra nelle scuole ormai dal 2001. Se ne parla dalla scuola primaria all’ultimo anno della secondaria di secondo grado. Eppure ci sono tanti segnali preoccupanti di intolleranza e di violenza squadrista.

Oggi è bene chiedersi: cosa significa essere antifascisti? È chiaro che l’antifascismo non può essere più quello del ‘45. Bisogna tradurlo nei problemi attuali della società. Durante il periodo del fascismo le leggi razziali del ‘38 hanno portato a correnti migratorie pesanti e forzate, non solo di ebrei, in tutta Europa. Si determinò una situazione di profughi che partirono senza nulla e nel momento in cui entrarono negli altri paesi hanno ricevuto forme diverse di accoglienza. In Italia gli ebrei furono trattati come bestie. Spiegare un antifascismo oggi potrebbe essere prendere l’esempio dei rifugiati che arrivano da noi e chiedono asilo.

Negli anni si sono date risposte dove l’antifascismo è stato ai margini. Antifascismo è rispetto di diritti, di libertà, capacità di accoglienza, tutto quello è scritto nella nostra Costituzione. Come insegnanti, come lavoratori dei settori della conoscenza, ci interroghiamo su quali sono gli strumenti per far agire veramente i valori dell’antifascismo.

In questa giornata in molte scuole si espongono i fatti agli studenti, si contestualizzano, non giocando sull’emotività che magari fa scendere una lacrima e il giorno dopo ci si è già dimenticati tutto. Non serve dire “mai più Auschwitz”, quando altri genocidi sono stati commessi dopo, quando si respingono indietro i profughi e mandandoli a morire senza battere ciglio. Non basta dire “mai più”, ma serve spiegare agli studenti e alle studentesse cos’è il nemico, qual è il suo ruolo nelle guerre, aiutandoli a capire perché ad esempio gli ebrei furono presi come capro espiatorio. Insegnando cos’è stato il 25 aprile e quindi come si è arrivati alla nostra Costituzione.

Occorre, dunque, evitare un corto circuito di memoria, di memoria pubblica. Così queste date, spiegate e non banalizzate, saranno rese vive. Occorre parlare di Costituzione, di diritti e doveri. Tornare a parlare di antifascismo, chiedendosi in prima persona, noi, cosa possiamo fare per essere antifascisti ogni giorno. E le nostre parole non saranno sprecate. Un lavoro che vede la scuola in prima fila.